Marie Antoinette si chiama Letizia ed è una ragazza di Pesaro. Tempo fa avevo scritto del suo disco, un po’ annoiato dai toni esasperati, da un’ideologia femminile d’altri tempi – ma pur sempre anacronistica – nonché dal titolo dell’album (I Want To Suck Your Young Blood) troppo splatter per i miei gusti.
Ieri sera Marie Antoinette ha suonato qui a Reggio Calabria, all’UnPop, facendo un live davvero, davvero bello. Lei è una cantautrice, decisamente punk – nonostante la categoria sia fuori tempo massimo – e, all’aspetto, è una specie di suicide girl minuta e dal forte accento pesarese; il disco, sostanzialmente, è il riflesso musicale di questa estetica e, l’ho scritto, non è proprio tra i miei gusti. Ma, cavolo, ieri sera è stata davvero eccezionale. Mi ha colpito la sincerità disarmante di questa ragazza, la forza che esplodeva dopo i primi accordi, quando si trattava di raccontarci la sua vita, le sue storie. Il personaggio via via è scomparso ed è rimasta Letizia, eroina personale che tiene Giovanna d’Arco a modello: una santa tatuata sul braccio.
Il live, nonostante i decibel della sua voce, è stato qualcosa di intimo, forte di un’eleganza che ha preso forma dalla grande espressività di Marie Antoinette.
Questa canzone l’ho scritta a 17 anni, quando prendevo benzodiazepine.
È una frase che non ti aspetti necessariamente nel mezzo di un concerto, nonostante l’abito talvolta faccia il monaco e i pregiudizi si fanno strada senza che neppure te ne accorgi. Eppure. Banale a dirsi, la musica sembra che abbia lenito alcune sofferenze e, certo, non sono fatti miei ma chissà quante altre cose ci stanno dietro: quali dolori, quali ferite. I want to be è una frase che ritorna in più canzoni; voglio essere perché ancora non sono.
Temi di un’adolescenza – in genere, complessa di default – che per molti di noi è lontana ma che non per questo va ridicolizzata e sminuita; mi piace pensare che l’amore ci abbia messo del suo – il disco è dedicato al suo ragazzo – e in qualche modo abbia disperso le nuvole di solitudine che imprigionavano la musica di Letizia.
I want to be your Jean of Arc riding trough the dark.
Alla fine del concerto, le ho fatto i complimenti: era preoccupata che il live fosse troppo povero e se n’è perfino scusata. Secondo me rende più del disco, invece.
[le foto sono di Arianna Malara che ringrazio per la sua consueta cortesia.]
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