Likely Pop: Volume Two


Likely Pop Volume Two è verosimilmente la compila più bella fra quelle che sono uscite finora; e vi spiego perché.

1) non è una compila natalizia, per motivi di tempo ma anche di estetica: non ci interessa mettere i Boy Least Likely To mentre addobbiamo l’albero (per chi di noi ancora lo fa), né ci manda in solluchero l’indiepop lo-fi di tre sfigati che suonano lo xylophono.
2) non è solo il “meglio” di quest’anno, ma è anche una compila sensata con delle scelte di genere, di stile, di ordine
3) la copertina è una rapina di un disegno di Francesco (fdp)
4) siamo cinque compilatori (Federico, Luca, Salvatore, Tommaso e il sottoscritto) bene assortiti nei gusti e nei modi
5) con due di loro sono stato compagno di classe
6) ci sono due dischi: uno più elettronico, l’altro più pop

La compila si scarica qui (e qui o qui infine qui)

Marie Antoinette live @UnPop (5/11/2010)

Marie Antoinette si chiama Letizia ed è una ragazza di Pesaro. Tempo fa avevo scritto del suo disco, un po’ annoiato dai toni esasperati, da un’ideologia femminile d’altri tempi – ma pur sempre anacronistica – nonché dal titolo dell’album (I Want To Suck Your Young Blood) troppo splatter per i miei gusti.

Ieri sera Marie Antoinette ha suonato qui a Reggio Calabria, all’UnPop, facendo un live davvero, davvero bello. Lei è una cantautrice, decisamente punk – nonostante la categoria sia fuori tempo massimo – e, all’aspetto, è una specie di suicide girl minuta e dal forte accento pesarese; il disco, sostanzialmente, è il riflesso musicale di questa estetica e, l’ho scritto, non è proprio tra i miei gusti. Ma, cavolo, ieri sera è stata davvero eccezionale. Mi ha colpito la sincerità disarmante di questa ragazza, la forza che esplodeva dopo i primi accordi, quando si trattava di raccontarci la sua vita, le sue storie. Il personaggio via via è scomparso ed è rimasta Letizia, eroina personale che tiene Giovanna d’Arco a modello: una santa tatuata sul braccio.

Il live, nonostante i decibel della sua voce, è stato qualcosa di intimo, forte di un’eleganza che ha preso forma dalla grande espressività di Marie Antoinette.

Questa canzone l’ho scritta a 17 anni, quando prendevo benzodiazepine.

È una frase che non ti aspetti necessariamente nel mezzo di un concerto, nonostante l’abito talvolta faccia il monaco e i pregiudizi si fanno strada senza che neppure te ne accorgi. Eppure. Banale a dirsi, la musica sembra che abbia lenito alcune sofferenze e, certo, non sono fatti miei ma chissà quante altre cose ci stanno dietro: quali dolori, quali ferite. I want to be è una frase che ritorna in più canzoni; voglio essere perché ancora non sono.

Temi di un’adolescenza – in genere, complessa di default – che per molti di noi è lontana ma che non per questo va ridicolizzata e sminuita; mi piace pensare che l’amore ci abbia messo del suo – il disco è dedicato al suo ragazzo – e in qualche modo abbia disperso le nuvole di solitudine che imprigionavano la musica di Letizia.

I want to be your Jean of Arc riding trough the dark.

Alla fine del concerto, le ho fatto i complimenti: era preoccupata che il live fosse troppo povero e se n’è perfino scusata. Secondo me rende più del disco, invece.

[le foto sono di Arianna Malara che ringrazio per la sua consueta cortesia.]

Are We Lovers Or Are We Friends?

Ecco la notizia per tornare a scrivere! C’è un nuovo singolo degli Acid House Kings pronto per essere scaricato, ascoltato e inserito nei monthly mix. Si intitola Are We Lovers Or Are We Friends e – oltre ad essere una frase che riassume parte della mia adolescenza – è un singolo molto bello, ovvero quello che ci si aspetta dagli AHK. Per chi non li conoscesse, sto parlando di una delle indiepop band di “riferimento”, è svedese e ha fatto un bel po’ di bei dischi. Adesso i miei “amici reali” sanno perché ho una bandiera della Svezia come sfondo sul cellulare.

Acid House KingsAre We Lovers Or Are We Friends [via Tram7]

Tiny Fireflies per EardrumsPop

Da qualche tempo Eardrums è anche una netlabel e pochi giorni fa è uscito il primo singolo ufficiale della EardrumsPop. Si tratta di tre pezzi dei Tiny Fireflies (di cui il terzo, però, è una cover di End Of The World di Skeeter Davis). La filosofia che c’è dietro insiste sul condividere le capacità di ciascuno (chi fa la copertina, chi mette mano ai pezzi, chi cura l’uscita) e diffonderle in modo massivo sul web.

Qui si trova un bel paccheto zip con tutto quanto.

Nuovo disco per i Trembling Blue Stars

tbs

È disponibile sullo store della cara (soprattutto nel senso che i dischi costano troppo) Elefant Records l’ultimo disco dei Trembling Blue Stars, band a tutti nota e il cui leader è quel Bobby Wratten che ai tempi era nei Field Mice. Il disco, doppio cd, si chiama Fast Trains And Telegraph Wires e si può ascoltare in streaming su Deezer.

A proposito di musica, di download e di denaro

Prendo spunto da un post di Colas per dire brevemente ciò che penso sul tema dei download illegali o legalizzati. Non sono un economista (e qui chiedo ai miei amici economisti di riferimento un pubblico contributo) ma un consumatore/ascoltatore sì.

Il punto di partenza è la chiusura per motivi legali di Indieitalia, una sorta di “download blog” che, di fatto, dava la possibilità di scaricare dischi indie italiani. Se ci sono state ragioni legali è inutile stare a discutere: inique o meno, le leggi vanno comunque rispettate ma dall’iniquità deve partire una protesta, una proposta, un’idea. In questo senso, la diffusione del paga quanto vuoi, dello streaming integrale, di bandcamp, soundcloud sono tutti fattori decisivi, propositivi e che guardano all’oggi cercando una strada per il domani.

La mia esperienza di ascoltatore/consumatore va in questa direzione. Data come premessa la qualità del prodotto e la possibilità di un ascolto integrale, di volta in volta ho acquistato mp3, sono stato ai concerti (quando possibile, considerando che quaggiù le occasioni sono poche) e ho comprato cd e vinili.

L’acquisto di mp3, in realtà, ha poco senso; perché dovrei pagare per qualcosa che posso avere gratis? Anche qui faccio riferimento alla mia esperienza. Ho acquistato mp3 solo da etichette indipendenti e ad un prezzo equivalente al prezzo consigliato (decisamente inferiore alla “media iTunes”) o ad una cifra simbolica di pochi euro (due, tre). La spesa, in realtà, io la ascrivo ad una sorta di solidarietà o affinità con chi ha offerto quel tipo di prodotto, della serie: hai fatto un bel disco, mi dai la possibilità di ascoltarlo gratis, ti ringrazio pagandoti una birra (o poco più). Per i concerti, il discorso è diverso. Ho pagato aereo+biglietto per vedere i Belle And Sebastian (a circa 1200km da dove vivo!) e quando ci sono band che mi piacciono qui in città ci vado volentieri pagando una cifra che, in linea di massima, è proporzionale al livello di affermazione (leggi: cachet) della band. Sui prodotti fisici (cd e vinile) non sono un fissato (non me lo potrei permettere); in genere, preferisco acquistare il vinile dal momento che la giustificazione alla spesa sta nella bellezza dell’oggetto in sé e non nella sua usabilità (il cd è nettamente più comodo del vinile, ma ascoltando musica soprattutto via digitale perde il suo fattore di competitività decisivo).

Infine, ciò che mi aspetto è proprio questo: allargare e “normalizzare” (ovvero porre in norma) l’ascolto integrale – sia esso streaming o paga quanto vuoi – come strumento per la diffusione e l’eventuale acquisto di prodotti musicali (dal disco al biglietto per il live).

And now…who’s your new professor?

La mia conversione a nuovi generi di musica ha una storia precisa, fatta di dischi, di nomi, di persone in carne ed ossa. Tra i personaggi, in questo caso abbastanza “di contorno”, che hanno accompagnato le mie prime incursioni musicali c’è sicuramente Sam Prekop. Ricordo benissimo che in una qualche compila, comunque in una delle prime esperienze di “wrapped up in”, c’era Who’s Your New Professor, titolo di un suo disco del 2005. Grazie al sempre ottimo Said The Grammophone, vengo a sapere che esce un suo nuovo album dal titolo Old Punch Card, ed è subito madeleine.

Sam PrekopThe Silhouettes (via STG)

[dimenticavo: Sam suona anche nei The Sea And Cake, lo ammetto: mi era sfuggito]

Blackbird Blackbird

Davvero niente male i Blackbird Blackbird con il loro sound dreamy-elettro-qualcosa, vagamente retrò per via di quei synth so ’80s. Diversi dischi sono disponibili su bandcamp – alcuni in free download – e direi che un’occhiata la si può dare con piacere. qui giù il video di Pure, dal loro ultimo Summer Heart.

Vodpod videos no longer available.

[via Eardrums]

news #7

I Bordeauxxx (spero di aver messo tutte le “x”) sono una band londinese di college-pop, fresco e pettinato; il loro ultimo lavoro è un ep dal titolo Mother’s Ruin, liberamente scaricabile dalla loro pagina su bandcamp.

Apprendo con letizia che è uscito, anche da un po’, Cloak And Cipher, il nuovo disco dei Land Of Talk, a proposito dei quali avevo scritto qualche tempo fa. Elizabeth Powell è la romanticamente energica leader della band. Del loro sound apprezzo soprattutto lo spessore del songwriting della Powell, la cui forza e personalità spiccano con naturalezza in ogni pezzo.

Land Of TalkQuarry Hymns [via Pitchfork]

The Late Call

The Late Call è il moniker di Johannes Mayer, artista folk-pop svedese spesso accompagnato da altri musicisti; tra un paio di settimane esce il suo ultimo disco You Already Have Home via Tapete Records. La ricetta è convincente, pur non toccando vette di originalità: chitarre acustiche e una voce morbidissima e back vocals che ricordano un po’ i Kings Of Convenience (se ascoltate Nevermore capirete). Il disco sarà disponibile dall’8 Ottobre, ma è già in pre-order. Sul myspace e sulla pagina dell’etichetta si possono ascoltare diversi brani.